Il creditore che intende far valere il suo credito nei confronti di un imprenditore fallito non può limitarsi a produrre in giudizio fatture o bolle di accompagnamento, ma deve produrre documenti aventi data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento.
E' questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione - Sezioni Unite nella recente sentenza n. 4213/2013.
La Corte di Cassazione è pervenuta a tale conclusione, in conformità al precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità, affermando che nei confronti del creditore che proponga istanza di ammissione del credito al passivo fallimentare il curatore del fallimento è da considerarsi terzo estraneo al rapporto giuridico intercorso fra il debitore fallito e il preteso creditore, salvo che il curatore non subentri nella posizione sostanziale e processuale del fallito.
Il curatore fallimentare, infatti, non ha preso parte al rapporto giuridico posto a fondamento della pretesa creditoria. Inoltre, ai sensi dell'art. 44 L.F., gli atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento non sono efficaci nei confronti della massa dei creditori concorsuali. Pertanto, in sede di verifica dei crediti, il curatore fallimentare è terzo anche perchè opera quale rappresentante degli interessi dei creditori concorsuali (anteriori alla dichiarazione di fallimento) in posizione di conflittualità con i creditori posteriori.
Accertata la natura di terzo del curatore fallimentare, per rendere efficaci gli atti nei confronti del curatore fallimentare occorre attribuire certezza alla data di un documento al fine di certificarne l'anteriorità rispetto alla sentenza dichiarativa di fallimento. A tale riguardo, l'art. 2704 comma 1 c.c. dispone che la data di una scrittura privata di cui non è stata autenticata la sottoscrizione, è certa e pertanto opponibile al terzo (e quindi al curatore fallimentare) soltanto dal giorno in cui si è verificato un fatto che attesti inequivocabilmente l'anteriorità della formazione del documento (data di registrazione della scrittura, data di morte di colui che ha sottoscritto il documento, data di riproduzione del contenuto del documento in un atto pubblico, etc.).
Nel caso di specie la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso (confermando la sentenza che aveva respinto la domanda del creditore), ritenendo prive del requisito della data certa ai sensi dell'art. 2704 c.c. le fatture e le bolle di accompagnamento prodotte in giudizio dal creditore, trattandosi di documenti non idonei a dimostrare con certezza l'anteriorità del credito rispetto alla sentenza dichiarativa di fallimento.
Se sulla questione sopra esaminata la giurisprudenza ha ormai da tempo consolidato il proprio orientamento, divergenze si sono, invece, registrate in merito alla natura da attribuire alla data certa delle scritture private e al modo attraverso il quale il profilo della data certa può trovare ingresso nel procedimento di ammissione al passivo fallimentare per essere esaminato dal giudice delegato.
Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione, dirimendo il contrasto di orientamenti che si sono recentemente registrati nella giurisprudena di legittimità, ha statuito che la mancanza di data certa nelle scritture prodotte si configura come fatto impeditivo all'accoglimento della domanda. Trattasi di oggetto di eccezione in senso lato, in quanto tale rilevabile d'ufficio dal giudice. Il giudice, pertanto, anche quando il curatore fallimentare non abbia fomulato alcuna eccezione in merito, è legittimato a rilevare la mancanza di data certa nel documento prodotto quale titolo costitutivo della pretesa azionata in sede fallimentare, respingendo la domanda proposta dal creditore.